Il sepolcro immortale
Meta di culto obbligatoria per generazioni e generazioni di poeti e intellettuali, il Parco e la Tomba di Virgilio si estendono lungo quella che i greci chiamavano "Pausilypon", ovvero un luogo dove le pene e le ansie si sciolgono, attenuate dalla pace e dalla quiete suscitate dallo spettacolare panorama del golfo di Napoli.
Ancora oggi, dopo migliaia di anni, questo luogo immortale, ricco di miti, storie e natura, continua ad ispirare l'immaginazione, la curiosità e la fantasia di visitatori provenienti da ogni parte del mondo.
Storia del sito
Esteso lungo le pendici orientali del promontorio di Posillipo, nei pressi della stazione ferroviaria di Mergellina e alle spalle della chiesa di Santa Maria di Piedigrotta, il parco ospita un gran numero di monumenti estremamente significativi per la storia partenopea, tra cui i sepolcri dei poeti Publio Virgilio Marone (Andes, 15 ottobre 70 a.C. – Brindisi, 21 settembre 19 a.C.) e Giacomo Leopardi (Recanati, 29 giugno 1798 – Napoli, 14 giugno 1837).
Già in epoca antica, il luogo divenne sacro per gli ammiratori di Virgilio e fu a lungo meta privilegiata per poeti, intellettuali, cronisti e viaggiatori, italiani e stranieri, come Stazio, Plinio il Giovane, Silio Italico, Petrarca, Boccaccio e Cino da Pistoia. Tuttavia, sull’autenticità dei sepolcri di Virgilio e Leopardi continuano a sussistere controversie e dubbi dati da informazioni a volta contrastanti.
L’inaugurazione del parco ebbe luogo nel 1930, dopo un consistente intervento di consolidamento che diede all’area la fisionomia ancora oggi osservabile, ricca di scorci paesaggistici molto interessanti.
Patrimonio
A seguito delle opere di ripavimentazione e rifacimento del piano stradale eseguite in più fasi da Alfonso d’Aragona nel 1455, da don Pedro di Toledo nel 1548, da Carlo di Borbone nel 1748 e dal Comune di Napoli nel 1893, la grotta ha perso buona parte della sua antica fisionomia.
Ai lati dell’ingresso sono però tuttora visibili due nicchie affrescate: quella di sinistra con una raffigurazione di Madonna con Bambino databile al XIV secolo, quella di destra con il volto dell’Onnipotente di incerta datazione.
All’entrata del parco, imboccando il viale che sale con più rampe lungo le pendici collinari, si trova invece un’imponente edicola fattavi collocare nel 1668 dal viceré Pietro d’Aragona, contenente due iscrizioni nelle quali si ricorda anche la presenza della tomba virgiliana.
Poco lontano, in una grande nicchia sulla parete, si trova un busto di Virgilio su colonnina, omaggio nel 1931 degli studenti dell’Accademia dell’Ohio.
Alla fine della seconda rampa, su uno spiazzo a destra, si estende l’area dedicata alla tomba e salendo ancora, si giunge alla piazzola davanti l’ingresso orientale della Crypta Neapolitana. Si tratta di una delle più antiche gallerie del mondo, scavata in età augustea per facilitare i collegamenti tra Napoli ed i Campi Flegrei.
Un bassorilievo in marmo bianco raffigurante il dio Mitra, datato tra la fine del III e l’inizio del IV secolo d.C., fu rinvenuto durante il restauro aragonese o nel corso dei lavori eseguiti all’epoca del vicereame spagnolo. Ora conservato presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il rilievo ha portato gli studiosi ad ipotizzare che la Crypta fosse un tempo un luogo di culto mitriaco. Influenzata non poco dai culti misterici, la superstizione popolare da sempre descrive la grotta come luogo enigmatico e magico, al punto che il solo attraversarla indenni era considerato un vero e proprio miracolo.
Il mausoleo funerario di Virgilio, edificato in opus reticulatum agli inizi dell’età imperiale, è del tipo a colombario, con tamburo cilindrico su basamento quadrangolare, in cui è ricavata la cella funeraria a pianta quadrata con volta a botte.
Nota anche come “Grotta vecchia di Pozzuoli”, questa galleria fu costruita in età augustea dal liberto Lucius Cocceius Aucto, architetto di Agrippa ed ammiraglio di Ottaviano, secondo Strabone (V, 4, 6). Menzionata nella Tabula Peutingeriana (una carta con itinerari stradali di epoca tardo imperiale) e ricordata oltre che da Strabone anche da Donato, Seneca, Petronio ed Eusebio, il cunicolo risulta scavato interamente nel tufo per una lunghezza di 705 metri, una larghezza originaria di 4,50 metri ed un’altezza di circa 5,00 m.