Fattoria modello e simbolo di riscatto sociale e legalità nella Terra dei Fuochi, il Real Sito di Carditello porta avanti una missione di estrema importanza: quella di contribuire al benessere del territorio favorendo attività di protezione ambiantele, attivismo civico e inclusione sociale a tutti i livelli. Le attività messe a disposizione dei visitatori spaziano dall'allevamento dei cavalli Persano alla produzione casearia, dalle manifestazioni ippiche all'ippoterapia, dai concerti agli spettacoli teatrali, senza dimenticare i percorsi sportivi ed escursionistici nei boschi che circondano il sito, per un'esperienza unica nel suo genere e ricca di suggestioni diverse.
Leggi di piùQuella del Real Sito di Carditello è una storia intimamente legata alla Corona Borbonica, di cui rappresenterà una delle principali delizie, nonché un prestigioso simbolo dell’eccellenza che il Regno di Napoli seppe guadagnarsi nel panorama europeo per quanto riguardava l’allevamento di cavalli di razza e la produzione agricola.
Quando, nel 1759, Ferdinando VI di Borbone, re di Spagna, morì senza lasciare eredi, il suo trono fu assunto dal fratello Carlo, già Re di Napoli e Sicilia, nonché fautore di un nuovo periodo di rinascita politica, ripresa economica e sviluppo culturale per il Mezzogiorno italiano. La partenza di Carlo per la Spagna aprì tuttavia un drammatico problema di successione per la corona del Regno di Napoli e Sicilia: il suo primogenito Filippo, dichiarato inabile di mente, dovette esserne escluso, mentre il secondo figlio, Carlo Antonio, avrebbe dovuto seguire il padre in Spagna ai fini di assicurarsi un erede. Con ciò, il terzogenito Ferdinando si trovò, senza adeguata preparazione, a diventare re a soli otto anni. Data la minore età del sovrano, gli venne affiancato un Consiglio di Reggenza che si occupò degli affari di Stato fino a quando il giovane Ferdinando non compì sedici anni, assumendo a pieno titolo i poteri di sovrano. Dopo le stagioni della Rivoluzione Francese e della Repubblica Napoletana, che misero in serio pericolo i domini borbonici in Italia, Ferdinando si trovò costretto a fuggire per una seconda volta in Sicilia, quando Napoleone Bonaparte invase Napoli e dichiarò decaduta la dinastia dei Borbone. Dopo la breve permanenza sul trono di Napoli di Giuseppe Bonaparte prima e Gioacchino Murat poi, il Congresso di Vienna sancì la restaurazione Borbonica e la creazione del Regno delle Due Sicilie, di cui Ferdinando divenne e restò sovrano fino al giorno della sua morte, il 4 gennaio 1825.
Inizialmente destinato a non assumere incarichi di governo, Ferdinando ebbe modo di trascorrere una giovinezza libera dal tradizionale rigore educativo riservato agli eredi al trono, e anche quando gli eventi lo portarono a salire sul trono, la sua minore età gli concesse, ancora per qualche anno, di coltivare la passione per la caccia e per i cavalli, trasmessegli dal padre. Anni prima, Carlo aveva ordinato la creazione di una nuova pregiata razza equina attraverso l’incrocio di stalloni turchi e fattrici locali presso un ampio fondo del conte di Acerra, nel cuore della Campania Felix, destinato anche ad una pregiata produzione agricola e casearia. Risultato dell’incrocio fu il Cavallo Persano, che si contraddistingueva per eleganza, destrezza e velocità, rappresentando il fiore all’occhiello della cavalleria reale. In continuità con il padre, anche Ferdinando si impegnò a favorire lo sviluppo della tenuta già individuata.
Nel 1787, l’architetto Francesco Collicini, allievo del Vanvitelli, fu quindi incaricato di costruire, all'interno della tenuta, una nuova palazzina. L’edificio, di stile neoclassico, fu sormontato da un loggiato e da un belvedere e affiancato da altri edifici di servizio, oltre che da un ampio galoppatoio ellittico, delimitato da due fontane con obelischi e un tempietto circolare nel mezzo. In seguito al completamento, il sito raggiunse il suo picco di splendore grazie ai lavori di decorazione ed arredo affidati al pittore Jacob Philipp Hackert, già noto per la sua attività presso la Reggia di Caserta e il Real Sito di San Leucio. Hackert seppe infondere nell’appartamento reale una grande modernità e raffinatezza, arricchendolo di pitture murali, volte dipinte, quadri, arazzi, mobili, arredi e bassorilievi ad opera dei maggiori artisti dell’epoca, come Fedele Fischetti, Giuseppe Cammarano, Giuseppe Magri, Domenico Chelli, Carlo Brunelli e Angelo Brunelli. Col passare degli anni, il sito venne progressivamente svuotato di gran parte del suo patrimonio, ma la sua esistenza proseguì dividendosi tra una fiorente attività produttiva e lo sfruttamento dei suoi ampi spazi per le battute di caccia dei sovrani, in particolare Ferdinando, che prediligeva Carditello per dedicarsi alle sue passioni all’aria aperta. La tenuta mantenne la sua preminenza anche dopo la morte di Ferdinando e il breve regno di suo figlio, Francesco I: grazie a Ferdinando II, Carditello divenne l’epicentro di un importante progetto di ammodernamento dell’economia rurale, portato avanti attraverso l’introduzione di colture sperimentali e macchine agricole.
Vero e proprio simbolo del potere borbonico, il sito venne occupato dai garibaldini nel 1860 e fu consegnato ai Savoia in seguito all’Unità d’Italia. Dal 1920, la proprietà fu ceduta all’Opera Nazionale Combattenti, mentre i dipinti e gli arredi ancora in loco vennero trasportati nelle altre residenze reali. Da quel momento, il sito conobbe un periodo di progressivo declino, dovuto all’incuria e alla dispersione del suo patrimonio. Passato al Consorzio di Bonifica del Basso Volturno negli anni ’40, Carditello fu interessato da un primo tentativo di ripristino, arrestatosi per mancanza di fondi e ripreso, dopo vicende alterne, soltanto nel 2004, stavolta grazie all’impegno dei movimenti civici e del Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo, che lo acquistò nel 2014. Il 25 febbraio 2016, il sito infine fu affidato alla Fondazione Real Sito di Carditello, nata da un accordo di collaborazione stipulato tra il Ministro dei Beni e delle attività Culturali e del Turismo, il Presidente della Regione Campania, il Prefetto di Caserta ed il Sindaco di San Tammaro.
In continuità con la specifica vocazione del sito, equamente suddivisa tra tradizione e innovazione, la Fondazione propone attività culturali e iniziative relative al settore equestre e agroalimentare, in collaborazione con l’Università degli Studi di Napoli Federico II, l’Università della Campania Luigi Vanvitelli, il CNR e altri enti e associazioni attivi sul territorio.