Un viaggio nell'antichità e nella memoria della Terra di Lavoro
Definito da Amedeo Maiuri come “il più significativo della civiltà italica della Campania”, il Museo provinciale campano di Capua ospita e rappresenta quasi 3000 di storia: uno scrigno formidabile per conoscere tutte le culture che hanno contribuito a fare di Capua una grande metropoli sin dai tempi più antichi.
Storia
Istituito con Decreto Reale nel 1869, sotto l’impulso del canonico ed archeologo Gabriele Iannelli, il Museo provinciale campano di Capua fu aperto al pubblico nel 1874, nella sede di uno storico palazzo rinascimentale appartenuto alla potente famiglia Antignano.
Sono presenti ancora oggi i resti di una chiesetta di età longobarda, San Lorenzo ad Crucem. Durante la Seconda Guerra Mondiale, un violento bombardamento aereo devastò la città di Capua, sede del museo compresa, ma fortunatamente le collezioni erano state preventivamente messe in salvo. Una lunga e faticosa opera di ricostruzione dell’edificio iniziò nel 1945 e terminò nel 1956. Ad oggi, il museo è di proprietà della Provincia di Caserta.
Patrimonio
La varietà dell’inestimabile patrimonio raccolto nelle 32 sale del museo rispecchia perfettamente il susseguirsi delle varie anime culturali di Capua: dagli Osci, agli Etruschi, dai Sanniti ai Romani, da Longobardi ai Normanni, dagli Svevi agli Angioini, dagli Aragonesi agli Spagnoli.
Il patrimonio è costituito da un nucleo archeologico, che comprende sculture, vasi, bronzi, oggettistica, lapidari e mosaici; uno storico-artistico, rappresentato da dipinti, sculture e cimeli; e uno biblio-archivistico, che raccoglie oltre 70.000 testimonianze di cruciale importanza per la conoscenza di Capua e della Terra di Lavoro. Imperdibili sono la collezione delle “Madri” e la “mater matuta” (VI - II secolo a.C.), le sculture superstiti dell’arco voluto da Federico II di Svevia (1234-1239) e il monetiere (VI secolo a. C. - XIX secolo d.C.), dono della famiglia Garofano-Venosta.