La Terra delle Sirene
La Campania può vantare una cultura ricca di storie ed influenze diverse, il che dà vita ad un folclore millenario colmo di misteri, magia, miti, leggende, superstizioni e contaminazioni tra sacro e profano.
Tramandate con seria solennità di generazione in generazione, ovviamente al motto di "non è vero, ma ci credo", miti e leggende sono parte integrante del tessuto socio-culturale campano, e sono stati, nel corso dei secoli, fonte di ispirazione per centinaia di artisti.
Il territorio
La nascita stessa della città di Napoli è legata, secondo la tradizione, ad una creatura mitologica, la Sirena Partenope, la cui storia è giunta a noi grazie al dodicesimo canto dell’Odissea.
Omero ci racconta infatti che Ulisse, spinto dalla sua proverbiale curiosità ad ascoltare il canto ammaliante delle pericolose sirene, riuscì a resistergli facendosi legare all’albero maestro della sua nave.
Mortalmente offese, le creature si uccisero lanciandosi tra gli scogli, e tra loro vi era anche Partenope, le cui spoglie viaggiarono fino all’isolotto di Megaride, dove oggi sorge il Castel dell’Ovo.
Rinvenuto e venerato dai pescatori, il corpo di Partenope infine si dissolse, dando così forma a Napoli. In onore della sirena vennero anche istituite, nel V secolo a.C., delle competizioni sportive: le Lampadedromie Napoletane.
Dall’antica epoca greca proviene un’altra celebre leggenda connessa al territorio campano, vale a dire quella del Lago d’Averno, specchio d’acqua di origine vulcanica nei pressi del comune di Pozzuoli, non lontano dal sito archeologico di Cuma. Secondo la tradizione, l’Averno era infatti un accesso al Regno dell’Oltretomba, una fascinazione immortale poi ripresa da grandi autori come Virgilio e Dante.
Tradizione, arte e mistero
Una delle superstizioni campane più forti è ad esempio quella del malocchio, ovvero la capacità dello sguardo umano di generare energie negative che influenzano la sorte e la salute della persona osservata. La tradizione popolare individua poi in alcune donne la facoltà di valutare se una persona è vittima del malocchio e quindi dissolverlo tramite riti che spesso fanno uso di acqua e olio.
Anche la credenza negli spettri è molto sentita nella cultura napoletana e campana in generale, come testimoniato, ad esempio, dalle leggende del Munaciello, spirito dispettoso che indossa un saio da monaco, e della Bella ‘Mbriana, l’essenza benevola che lo contrasta.
Secondo le leggende, il Munaciello era in origine un gestore dei pozzi cittadini che si introduceva nelle case per rubare, o, in alternativa, il figlio di Caterinella Frezza, una ricca nobildonna che si unì, contro il volere del padre, ad un umile garzone, partorendo poi un bimbo deforme.
Si dice invece che la Bella ‘Mbriana fosse una bellissima principessa che morì dopo aver perso il suo amore, divenendo poi uno spirito protettore della casa che si manifesta anche in forma di geco, animale considerato portatore di buona sorte.
Un altro luogo consacrato al culto dei defunti è il Cimitero delle Fontanelle, nel cuore del rione Sanità, caratterizzato delle cosiddette “cape di morto”, ovvero file di teschi appartenuti a migliaia di persone morte tra il 1600 e il 1800. La tradizione, seguita ancora oggi, vuole che gli abitanti del quartiere “adottino” periodicamente un teschio, visitandolo e prendendosene cura, naturalmente in cambio di grazie o numeri da giocare al lotto.
La Provincia di Benevento è anch’essa patria di una celebre leggenda legata alle forze oscure, quella delle Janare, vale a dire delle terribili streghe che si riunivano intorno ad un antico albero di noce per officiare dei sabba.
Se la connessione tra arte e mistero è antica quanto il concetto di arte stessa, la città di Napoli ospita una delle opere d’arte più famose e misteriose del mondo: il Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino, custodito nella Cappella Sansevero, nei pressi di piazza San Domenico Maggiore.
Questa scultura di marmo rappresenta il corpo di Gesù, in modo molto realistico. Si narra che ad insegnare all’autore la tecnica fosse stato il committente stesso dell’opera, il Principe Raimondo di Sangro, famoso scienziato ed alchimista.